“Something old, something new; something borrowed; something blue and a silver sixpence in your shoe!”
Vi suona famigliare questa tiritera?
Se la risposta è sì, i casi sono due: o avete un debole per i film di Julia Roberts e Jennifer Aniston; o in passato siete stati scelti come testimoni da una sposa.
Può accadere, infatti, che nei giorni precedenti alle nozze, e talvolta il giorno stesso della cerimonia, invocando un’antichissima tradizione della quale in Italia non se ne sapeva nulla sino agli anni ’90 (ma, tant’è, prima la gente si sposava lo stesso), la sposa inizi a fare le bizze pretendendo che le si procuri qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di prestato e qualcosa di blu.
L’adagio popolare richiederebbe anche un sei-pence d’argento da infilare nella scarpa sinistra, ma vuoi per le difficoltà di reperimento, vuoi perché le scarpe delle spose sono già sufficientemente scomode, tutti preferiscono glissare.
Pur non essendo un’estimatrice degli sposalizi e di quanto di bianco e vaporoso vi gravita intorno, da qualche anno ho adottato questa prescrizione nuziale, applicandola alle mie abitudini di lettrice.
Se tra cibo e lettura esiste un nesso – e personalmente ne sono convinta – devo ammettere di avere un approccio piuttosto disordinato a entrambe le attività.
Ogni volta che terminavo un libro potevano passare giorni, talvolta settimane, prima che decidessi quale altra lettura affrontare; e nell’attesa leggiucchiavo disordinatamente una pagina qua e due là, un po’ come quando al ristorante si piluccano i grissini prima di aver deciso cosa ordinare.
In uno di quei momenti, mentre sbocconcellavo i primi capitoli di un romanzo chick-lit che prometteva (in assoluta malafede) grandi risate, mi imbattei nella regola del qualcosa di nuovo, di vecchio, di prestato e di blu, ed ebbi un’illuminazione: quella sarebbe stata la mia dieta letteraria.
Ogni mese avrei letto:
- qualcosa di nuovo – una novità editoriale;
- qualcosa di vecchio – un grande classico;
- qualcosa di prestato – un libro prestato o anche soltanto consigliato da un amico (o da uno dei blog di mia fiducia);
- qualcosa di blu – Esistono libri gialli, rosa e noir, ma il mercato editoriale non ha ancora etichettato nessun genere come “blu”; e limitarsi a scegliere volumi con la copertina blu sarebbe alquanto riduttivo. Quale libro potrebbe essere rappresentato dal colore blu? Il blu evoca il cielo, il mare, insomma grandi spazi e orizzonti sconfinati. Il colore blu è un invito a “spaziare”, ad ampliare i propri orizzonti e, magari, a provare a cambiare prospettiva. I libri blu sono quelli che espongono una teoria, approfondiscono un argomento, esprimono un’opinione o insegnano a fare qualcosa: saggi, trattati, manuali. Per dirla con due sole parole, i libri “non fiction”.
Ogni mese scelgo e programmo le mie letture per il mese successivo, basandomi su queste linee guida, che pur non avendo nulla di autorevole o scientifico, mi sollevano dall’imbarazzo della scelta, aiutandomi ad avere una dieta letteraria sana ed equilibrata.
Per il mese di febbraio la mia dieta letteraria sarà così strutturata:
Qualcosa di Nuovo
Nel cuore della notte di Rebecca West ( Fazi Editore): si tratta della continuazione del romanzo “La Famiglia Aubrey“, che ho letto quest’estate e ho adorato.
Qualcosa di vecchio
David Copperfield – Charles Dickens: ho incrociato questo romanzo tante volte, e tante volte ho desiderato leggerlo. David, è giunto il nostro momento!
Qualcosa di prestato
Eleanor Oliphant sta benissimo di Gail Honeyman (Garzanti Editore): da principio non mi attraeva, ma poi me ne hanno parlato così tanto – e tanto bene – da mettermi la curiosità di leggerlo.
Qualcosa di blu
Intelligenza emotiva di Daniel Goleman (BUR – Rizzoli): l’intelligenza propriamente detta, quella del QI, per intenderci, pare non essere l’unica freccia al nostro arco celebrale. Mi è venuta voglia di saperne di più…